venerdì 27 maggio 2011

La vita di Padre Pio

A Pietrelcina Padre Pio trascorreva le giornate dividendosi tra le preghiere, le celebrazioni liturgiche, gli insegnamenti del catechismo ai bambini e la formazione dei chierichetti.Ciò che gli dava maggior gioia era la direzione spirituale che poteva esercitare anche per corrispondenza, arrivando ad avere una trentina di persone che avevano voluto affidarsi alla sua guida. In questo modo poteva trasmettere ad altre anime le gioie di cui il Signore aveva voluto gratificarlo.
Non furono poche le battaglie che Padre Pio dovette combattere contro le tentazioni del demonio e contro i tormenti spirituali che talora lo assalivano.Ecco le sue parole di quel periodo: " Il demonio più che mai infierisce contro la navicella del mio povero spirito.
Padre mio, non ne posso veramente più, sento tutte le mie forze abbandonarmi; la battaglia è veramente arrivata al suo ultimo stadio, da un momento all'altro mi sembra che sto per soffocare sotto le acque della tribolazione".

mercoledì 18 maggio 2011

Il prodigio della carità.

Il prodigio della carità che accomunava la fede e la gratitudine di migliaia di devoti sparsi in tutto il mondo, cioè la Casa Sollievo dalla Sofferenza, raggiungeva un traguardo importante: dieci anni di attività. In tutti questi anni si era ingrandita, si era sempre più attrezzata. Sotto la spinta dei bisogni venivano progettati nuovi padiglioni. Tutto un mondo fervido di lavoro e di bene. Illustri clinici, come ad esempio Pietro Valdoni, assicuravano la loro preziosa assistenza. Torme di pellegrini constatavano, ammiravano e riferivano nei loro luoghi d'origine. Il segreto del successo era nella costante preghiera del Padre che alimentava l'entusiasmo e la perseveranza dei collaboratori. il decennale venne festeggiato con la dovuta solennità.
Il 5 maggio 1966, come nel giorno dell'inaugurazione, celebrò il Cardinale Giacomo Lercaro, che pronunciò un'omelia densa di sapienza e di fede. A proposito della Casa Della Sofferenza disse: fra l' altro.
Fu luminosa intuizione dello spirito evangelico sottolineare già nel nome la realtà positiva della sofferenza cristiana
e l'esigenza della carità che vi porta sollievo. Perchè se la sofferenza ha origine dal peccato, da quando però il figlio di Dio, fattosi nostro fratello, per caricarsi delle nostre colpe ed espiarle, ha incontrato per noi la Passione e la Croce, la sofferenza è divenuta, a un tratto, e la nostra ulteriore conformazione a Lui e la nostra somiglianza con Lui, se con Lui accettata e portata, e con Lui vissuta e offerta al Padre.

domenica 15 maggio 2011

PADRE PIO NEL CUORE

Nacque a Pietrelcina vero le 17 dl 25 maggio 1887, quartogenito di sette figli, dei quali cinque raggiungeranno l'età adulta. Lo chiamarono Francesco, riproponendo il nome di un fratellino vissuto soltanto pochi giorni.
I genitori, Grazio Forgione e Giuseppa De Nunzio, erano contadini, con ruoli ben distinti: lui badava ai campi, lei alla casa. Nei periodi di maggior impegno ( come il raccolto ) anche lei dava una mano. Contadini che lavoravano in proprio e che quindi non conoscevano l'abiezione dei braccianti, fermi in piazza sin dalle prime luci dell'alba, in attesa di un padrone. Una economia di sussistenza, comunque, quella dei Forgione, nel senso che il quotidiano lavoro bastava a soddisfare le fondamentali necessità di una famiglia numerosa: si faticava, non si guadagnava. Un raccolto scarso o saltato significava una crisi che i buoni raccolti successivi a malapena sarebbero riusciti a sanare.
        Avevano una propria abitazione: tre o quattro casupole di pochi metri quadri ciascuna, sparpagliate lungo il Vico Storto Della Valle al Castello, nella parte più vecchia del paese, sul Morgione che strapiomba per un centinaio di metri sul torrente Pantaniello.Questo patrimonio costituiva la sicurezza, l'indipendenza, la dignità di un'esistenza modellata sui ritmi di una realtà agricolo-pastorale, che esige una dedizione completa, una tangibile e minuta attenzione. Non sogni di ricchezza, ma desideri legittimati da bisogni elementari: una povertà, che è vivere di poco, in armonia con le creature in quell'antico centro del Sannio, Pietrelcina, nome suggestivo che evoca umiltà e silenzio.
     

giovedì 12 maggio 2011

DONO E MISTERO - Giovanni Paolo II Il filo Mariano-

Naturalmente, parlando delle origini della mia vocazione sacerdotale, non posso dimenticare il filo Mariano.La venerazione alla madre di Dio nella sua forma tradizionale mi viene dalla famiglia e dalla parrocchia di Wadowice.Ricordo, nella chiesa parrocchiale , una cappella laterale dedicata alla Madre del Perpetuo Soccorso, dove di mattina, prima dell'inizio delle lezioni, si recavano gli studenti del ginnasio. Anche a lezioni concluse, nelle ore pomeridiane, vi andavano molti studenti per pregare la Vergine.
Inoltre a Wadowice, c'era sulla collina un monastero carmelitano, la cui fondazione risaliva ai tempi di San Raffaele Kalinowski. Gli abitanti di Wadowicw lo frequentavano in gran numero, e ciò non mancava di riflettersi in una diffusa ( devozione per lo scapolare della Madonna del Carmine). Anch'io lo ricevetti, credo all'età di dieci anni, e lo porto tutt'ora. Si andava dai Carmelitani anche per confessarsi. Fu così che, tanto nella chiesa parrocchiale quanto in quella del Carmelo, si formò la mia devozione mariana durante gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza fino al conseguimento della maturità classica.

martedì 10 maggio 2011

DONO E MISTERO - Giovanni Paolo II

debbo però tornare ai lunghi mesi che precedettero la liberazione. . Come ho detto, vivevo con gli altri giovani nella residenza dell'Arcivescovo. Egli ci aveva presentato fin dall'inizio un giovane sacerdote, che sarebbe stato il nostro Padre spirituale.si trattava del P. Stalislaw Smolènski, laureato a Roma, uomo di grande spiritualità: egli  è oggi Vescovo ausiliare emerito di Cracovia. Padre Smolenski intraprese con noi un lavoro regolare di preparazione al sacerdozio. Prima avevamo come superiore soltanto un prefetto nella persona di P. kazimeirz klòsak, che aveva compiuto gli studi a Lovanio ed era professore di filosofia: per la sua ascesi e bontà egli suscitava in noi grande stima e ammirazione. Rispondeva del suo operato direttamente all'Arcivescovo, dal quale dipendeva, del resto, in modo diretto pure lo stesso nostro seminario clandestino. Dopo le vacanze estive del 1945 P. Jan Piwowarczyk come Rettore del seminario nel quale aveva trascorso quasi tutta la vita. venivano così completandosi gli anni della formazione seminaristica. I primi due, quelli che nel curriculum degli studi sono dedicati alla filosofia, li aveva fatti in modo clandestino, lavorando come operaio. I successivi 1944 e 1945 avevano visto il mio crescente impegno presso l'Università Jaghellonica, anche se il primo anno dopo la guerra fu ancora molto incompleto.Normale fu l'anno accademico 1945/46. Alla facoltà Teologica ebbi la fortuna di incontrare alcuni eminenti professori, come P. Wladyslaw Wicher, professore di teologia morale, e P. Ignacy Ròzycki, professore di teologia dogmatica, che mi introdusse alla metodologia scientifica in teologia. Oggi abbraccio con un pensiero pieno di gratitudine tutti i miei Superiori, Padri spirituali e Professori, che nel periodo del Semianrio contribuirono alla mia formazione. il Signore ricompensi i loro sforzi e il loro sacrificio.

lunedì 9 maggio 2011

- Giovanni Paolo II- La decisione di entrare in Seminario

Nell'autunno del 1942 presi la decisione definitiva di entrare nel seminario di Cracovia, che funzionava clandestinamente. Mi accolse il Rettore, P. Jan Piwowarczyk. La cosa doveva rimanere nel più stretto riserbo, anche nei confronti delle persone care. Iniziai gli studi presso la Facoltà teologica dell'Università Jaghellonica, anch'esse clandestina, continuando intanto a lavorare come operaio alla Solvay.

Durante il periodo dell'occupazione l' Arcivescovo Metropolita sistemò il seminario, sempre in forma clandestina, presso la sua residenza. Ciò poteva provocare in ogni momento, sia per i superiori che per i seminaristi, severe repressioni da parte delle autorità tedesche. Soggiornai in questo singolare seminario, presso l'amato Principe Metropolita, dal settembre 1944 e lì potei restare insieme ai miei colleghi fino al 18 gennaio del 1945, il giorno-o meglio la notte- della liberazione. Fu infatti di notte che l'Armata Rossa raggiunse i dintorni di Cracovia. I tedeschi in ritirata fecero esplodere il ponte Debnicki. Ricordo quella terribile detonazione.lo spostamento d'aria infranse tutti i vetri delle finestre della residenza arcivescovile. In quel momento ci trovavamo in cappella per una funzione alla quale partecipava l' Arcivescovo. Il giorno seguente ci affrettammo a riparare i danni.

venerdì 6 maggio 2011

I responsabili della cava, che erano polacchi, cercavano di risparmiare a noi studenti i lavori più pesanti. A me, per esempio, assegnarono il compito di aiutante del cosiddetto brillatore: si chiamava Fraciszek Labus. Lo ricordo perchè, qualche volta, si rivolgeva a me con parole di questo genere: " karol, tu dovresti fare il prete. Canterai bene, perchè hai una bella voce e starai bene....". Lo diceva con tutta semplicità, esprimendo così una convinzione abbastanza diffusa nella società circa la condizione del sacerdote. le parole del vecchio operaio mi si sono impresse nella memoria.

giovedì 5 maggio 2011

Lo scoppio della seconda guerra mondiale

1° settembre 1939, lo scoppio della guerra cambiò in modo piuttosto radicale l'andamento della mia vita.
In verità i professori dell'Università Jaghellonica tentarono di avviare ugualmente il nuovo anno accademico, ma le lezioni durarono soltanto fino al 6 novembre 1939. In quel giorno le autorità tedesche convocarono tutti i professori in un assemblea che si concluse con la deportazione di quei rispettabili uomini di scienza nel campo di concentramento di Sachsenhausen. Finiva così nella mia vita il periodo degli studi di filologia polacca e cominciava la fase dell'occupazione tedesca, durante la quale inizialmente tentai di leggere e di scrivere molto.
<<<<<<<Proprio a quell'epoca risalgono i miei primi lavori letterari.
Per evitare la deportazione ai lavori forzati in Germania, nell'autunno del 1940 cominciai a lavorare come operaio in una cava di pietra collegata  con la fabbrica chimica Solvay. Si trovava a Zakrzowek, a circa mezz'ora dalla mia casa di Debniki, ed ogni giorno vi andavo a piedi. Su quella cava scrissi poi una poesia. Rileggendola dopo tanti anni la trovo ancora particolarmente espressiva di quella singolare esperienza.
" Ascolta, il ritmo uguale dei martelli, così noto, io lo proietto negli uomini, per saggiare la forza di ogni colpo.
Ascolta, una scarica elettrica taglia il fiume di pietra, e in me cresce un pensiero,  di giorno in giorno:
tutta la grandezza del lavoro è dentro l'uomo..."
                                                ( La cava di pietra: 1, Materia,1 )
ero presente quando, durante lo scoppio d'una carica di dinamite, le pietre colpirono un operaio e lo uccisero.
Ne rimasi profondamente sconvolto:
2 Sollevarono il corpo, Sfilarono in silenzio.
Da lui ancora emanava fatica ed un senso d'ingiustizia"....
( La cava di pietra: IV, in memoria di un compagno di lavoro,2-3 )

martedì 3 maggio 2011

I primi segni della vocazione

L'Arcivescovo metropolita di Cracovia, principe Adam Stefan Sapieha, visitò la parrocchia di Wadowice quando era studente di ginnasio. Il mio insegnante di religione, P. Edward Zacher, mi affidò il compito di porgergli il benvenuto. Ebbi allora per la prima volta l'occasione di trovarmi di fronte a quell'uomo venerato da tutti. So che, dopo il mio discorso, l'Arcivescovo domandò all'insegnante di religione, quale facoltà avrei scelto dopo la maturità. P. Zacher rispose: " Peccato che non sia la teologia .
In quel periodo della mia vita la vocazione sacerdotale non era ancora matura, anche se intorno a me non pochi erano del parere che dovessi entrare in seminario.E forse qualcuno avrà supposto che, se un giovane con così chiare inclinazioni religiose non entrava in seminario, era segno che in gioco v'erano altri amori o predilezioni.
Di fatto,a scuola avevo molte colleghe e, impegnato com'ero nel circolo teatrale scolastico, avevo svariate possibilità di incontri con ragazzi e ragazze. Il problema tuttavia non era questo.In quel periodo ero preso sopratutto dalla passione per la letteratura, in particolare per quella drammatica, e per il teatro.
a quest'ultimo m'aveva iniziato Mieczyslaw Kotlarczyk , insegnante di lingua polacca, più avanti di me negli anni.
Egli era un vero pioniere del teatro dilettantistico e coltivava grandi ambizioni di un repertorio impegnato.

lunedì 2 maggio 2011

Agli inizi...... il mistero

La storia della mia vocazione sacerdotale? La conosce sopratutto Dio. Nel suo strato più profondo, ogni vocazione sacerdotale è un grande mistero, è un dono che supera infinitamente l'uomo.
Ognuno di noi sacerdoti lo sperimenta chiaramente in tutta la sua vita. di fronte alla grandezza  di questo dono sentiamo quanto siamo ad esso inadeguati.
La vocazione è il mistero dell'elezione Divina: "Non voi avete scelto me,ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perchè andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv 15, 16. ) " E nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne" ( Eb 5, 4 )  " Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo; prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Ger 1, 5  ).
Queste parole ispirate non possono non scuotere con un profondo tremore ogni anima sacerdotale.
Per questo, quando nelle più diverse circostanze -per esempio, in occasione dei Giubilei Sacerdotali- parliamo del sacerdozio e ne diamo testimonianza, dobbiamo farlo con grande umiltà, consapevoli che Dio " ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia "
( 2 Tm 1, 9 ) . Contemporaneamente ci rendiamo conto che le parole umane non sono in grado di reggere il peso del mistero che il sacerdozio porta con se.
Questa premessa mi è sembrata indispensabile, perchè si possa comprendere in modo giusto quello che dirò del mio cammino verso il sacerdozio.

DONO E MISTERO - Giovanni Paolo II

Ho vivo nella memoria il gioioso incontro che, su iniziativa della Congregazione per il clero, si svolse in Vaticano nell'autunno nello scorso anno ( 27 ottobre 1995), per celebrare il 30° anniversario del Decreto conciliare Presbyterorum ordinis. Nel clima festoso di quell'assemblea diversi sacerdoti parlarono della loro vocazione, ed anch'io offersi la mia testimonianza. Mi sembrò infatti bello e fruttuoso che tra sacerdoti, al cospetto del popolo di Dio, ci si rendesse questo servizio di reciproca edificazione.
Le parole da me dette in quella circostanza ebbero un'eco piuttosto vasta. L conseguenza fu che da varie parti mi si chiese con insistenza di tornare ancora, e più ampiamente, in occasione del Giubileo sacerdotale, sul tema della mia vocazione.Confesso  che la proposta, sulle prime, suscitò in me qualche comprensibile resistenza. Ma successivamente ritenni doveroso accogliere l'invito, vedendo in ciò un aspetto del servizio proprio del ministero petrino. Stimolato da alcune domande del Dr. Gian Franco Svidercoschi, che hanno fatto da filo conduttore, mi sono abbandonato con libertà all'onda dei ricordi, senza alcun intento  strettamente documentario.
Quanto qui dico, al di là degli eventi esteriori, appartiene alle mie radici profonde, alla mia esperienza più intima.
Lo ricordo innanzitutto per rendere grazie al Signore. " Misericordias Domini in aeternum cantabo!".
Lo offro ai sacerdoti e al popolo di Dio come testimoninaza d'amore.